Ai bambini bisogna insegnare in una lingua che comprendono
- Stefano Rastelli
- 20 mar
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 21 mar
"Children should be taught in a language they understand" (UNESCO 2022).
Una frase molto semplice, ma chiara e diretta. Circa il 40% dei bambini nel mondo impara in una lingua che non padroneggia bene o non conosce affatto.
Il rapporto redatto dalla World Bank Group “Loud and Clear: Effective Language of Instruction Policies for Learning” dimostra come questi dati siano allarmanti soprattutto nei paesi africani, dove i bambini sono costretti a studiare nelle lingue coloniali.
Un problema apparentemente lontano ed estraneo, ma che è presente anche nel nostro Paese.
Dopo anni passati a collaborare con la scuola pubblica italiana come mediatore e facilitatore linguistico ho visto che questo semplice principio non solo viene sistematicamente disatteso, ma viene quasi del tutto ignorato dalle istituzioni scolastiche.Troppo spesso ho visto studenti volenterosi di impegnarsi, intrappolati dal limite della loro barriera linguistica, portando molte eccellenze a rassegnarsi a essere considerati mediocri in tutto, anzi a sentirsi mediocri.
"Siamo in Italia, qui si parla italiano"
"Come fai a studiare in Italia se fai questi errori?"
”Il pomeriggio va a scuola di cinese e non ha tempo di fare i compiti, i genitori devono capire che siamo in Italia"
"Ho bisogno di voti, facciamogli fare una verifica sugli articoli determinativi e a posto"
"Lui finge di non capire perché vuole evitare le interrogazioni"
"Non deve parlare in cinese a scuola"
Queste sono solo alcune delle frasi che ho sentito in tutti gli anni in cui ho lavorato come mediatore linguistico. È ora di cambiare rotta, perché avere studenti stranieri in classe non deve essere considerata un'eccezione o una situazione temporanea. Ormai è la norma, e dobbiamo lavorare al meglio anche per loro.
Dispersione scolastica degli stranieri
L’abbandono scolastico da parte degli studenti stranieri è un problema serio, il loro tasso di dispersione scolastica è molto più alto rispetto a quello dei compagni italiani. Nel 2020 l’indicatore ELET (Early Leaving from Education and Training) riferito agli studenti stranieri nel nostro Paese è pari al 35,4% a fronte di una media nazionale del 13,1% (sempre per gli stranieri in Francia è al 15,8% e in Germania al 27,8%).
Come se non bastasse la formazione e gli strumenti a disposizione degli insegnanti risultano spesso insufficienti e inadeguati, lasciandoli privi di linee guida efficaci su come gestire le classi multilingui e multiculturali.
La soluzione più comune per cercare di arginare le difficoltà linguistiche degli stranieri è la facilitazione, che però rappresenta un'arma a doppio taglio: sebbene questo strumento svolga un ruolo importante nel rendere più accessibile il materiale didattico per gli studenti stranieri, l'eccessiva semplificazione e facilitazione degli argomenti impedisce agli studenti stessi di avere una comprensione adeguata delle materie. In altre parole spesso risulta controproducente. Il tragico risultato è che molti di loro arrivano alla fine del percorso scolastico senza una padronanza adeguata né in italiano, né nella loro lingua madre e con una comprensione superficiale delle materie studiate.
Il Translanguaging
In questo contesto, il translanguaging emerge come una possibile soluzione.
Questo approccio incoraggia l’uso della lingua madre come strumento per l’apprendimento e la comprensione dei contenuti scolastici in modo completo.
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